La riscoperta delle birre Gose

Se la birra Gose non si è persa nell’archeologia birraria, diciamolo, è anche merito dell’Italia.

La birra salata, originaria di Goslar ma conosciuta da tutti grazie a Lipsia, ha rischiato l’estinzione, ma ha ritrovato nuovo vigore grazie a un testardo publican di Lipsia e alla sua diffusione in altre nazioni, principalmente in Italia.

Birra Gose – lo stile

Lo stile nasce a Goslar, in Bassa Sassonia, e il nome deriva dal fiume Gose che attraversa la città. Sin dalla fine del I secolo d.C. Goslar era nota per essere un importante centro minerario, con cave di metalli preziosi e di sale, che influivano anche sulle acque cittadine, in quanto i minerali e i sali si riversavano nelle falde acquifere. Anche i birrai locali usavano quelle acque per la produzione, dando vita a birre con evidenti note sapide.

Ma seppur i natali siano a Goslar, la città che ha dato notorietà allo stile è sicuramente Lipsia (a 200 km di distanza), dove questa birra si diffuse quando i giacimenti d’argento di Goslar si esaurirono e gli abitanti, birrai compresi, migrano verso altre città della Germania.

Le prime testimonianze storiche scritte delle birre Gose a Lipsia le abbiamo nel 1738: a quell’anno risale, infatti, la più antica licenza di vendita rilasciata dal Comune di Lipsia per la produzione di questa birra, che ben presto divenne così legata alla città al punto da portare il comune di Goslar a bandirne la produzione nel 1826, in favore di stili ritenuti più redditizi per l’economia locale.

Per tutta la prima metà dell’Ottocento la birra Gose fu la birra popolare di Lipsia, servita in più di 80 locali di mescita. La sua diffusione però fu interrotta dalla seconda Guerra Mondiale e purtroppo nel 1945 l’unico produttore ancora in attività, la Döllnitz Ritterguts Brauerei, fu sequestrato e chiuso definitivamente.

Cinque anni dopo lo stile fu salvato e rimesso in produzione dal piccolo birrificio Friedrich Wurzler Brauerei, che riuscì a mantenere viva la tradizione fino al 1966, giorno in cui anche il figliastro di Friedrich Wurzler, che aveva preso in mano la gestione dopo il suo decesso, morì e la produzione si interruppe del tutto. A quel punto lo stile poteva dirsi morto, ma un lungimirante publica di Lipsia, Lothar Goldhahn, si appassionò all’argomento in seguito a un articolo pubblicato su un giornale locale nel 1983, che evocava gli antichi fasti delle Gose, e decise di intraprendere un lavoro di ricerca per recuperare lo stile e far riaprire lo storico locale di mescita Ohne Bedenken.

Per riportare in produzione lo stile, Goldhahn riuscì a rintracciare un vecchio dipendente della Friedrich Wurzler Brauerei, che conservava ancora appunti sulla ricetta della birra, e nel 1986 riuscì a convincere la Berliner Schultheiss-Weisse-Brauerei a metterla in produzione. Da quell’anno Ohne Bedenken ricominciò a servire la Gose a Lipsia, anche se la domanda non era così proficua. Dopo un invano tentativo di avviare in proprio la produzione, nel 1995 Goldhahn  si accordò, invece, con Andreas Schneider Brauerei a Weissenburg, in Bavaria, dando una svolta alla produzione e riuscendo finalmente nel suo intento.

Il proprietario del birrificio ne rimase talmente affascinato da decidere di aprire nel 1999 il Bayerischer Bahnhof a Lipsia, locale specializzato nella produzione e servizio della Gose.
Sull’onda di questa apertura, nel 2002 un discendente dei vecchi proprietari decise di salvare e riportare in vita anche la Döllnitzer Ritterguts Gose.

A quel punto lo stile era finalmente e definitivamente salvato, e negli anni successivi si è avuta una sempre più ampia diffusione, che ha coinvolto birrifici di tutto il mondo, soprattutto italiani.

L’evoluzione delle birre Gose

La ricetta della Gose, naturalmente, nel corso degli anni si è evoluta. Mentre a Goslar i birrai avevano già un’acqua salata con cui dover “combattere” per rende equilibrata e piacevole la birra e ottenevano le note suor grazie alla fermentazione in botte con lieviti selvaggi, l’esportazione dello stile a Lipsia mise i birrai di fronte alla necessità di riprodurre le caratteristiche di quell’acqua con aggiunta di sale e di perfezionare e stabilizzare la produzione con l’uso di lactobacilli.

Alta fermentazione, uso abbondante di frumento, uso di coriandolo e di sale, poco luppolo, lievito poco caratterizzante (soprattutto senza produzione di eccessivi esteri), acidità lattica, corpo esile e grado alcolico basso, sono le caratteristiche principali di questa birra dalla grande bevibilità che ha conquistato i consumatori italiani.

Quando la degustiamo si notano subito le note di cordiandolo, seguite da una elegante sensazione citrica e lattica. Il sorso è dominato dalla sapidità affiancata dalla nota acidula dei lactobacilli, che insieme sono capaci di dare equilibrio e rendere molto piacevole la birra.

La Gose del Gargano

Per la nostra produzione abbiamo deciso di seguire due vie, aggiungendo alla tradizione un tocco di identità locale, come sempre nelle nostre produzioni:

  • Gose del Gargano, che assieme al sale marino, ai batteri lattici e al coriandolo ha nel suo cuore la scorza fresca di limone del Gargano Igp, il più antico limone locale, che le conferisce una nota fresca e dissetante. Con i suoi alc. 4,8% vol è la compagna ideale per la bevuta quotidiana!
  • Wild Gose, un’evoluzione in botte della Gose del Gargano. Matura per 3 mesi in rovere francese di secondo passaggio, in cui era stato maturato il Fiano bianco irpino, prende dal legno complessità ed eleganti note vinose. Durante l’affinamento aggiungiamo le albicocche fresche, che donano complessità aromatica, un gusto più intenso e completano il quadro organolettico dando un’ulteriore nota fresca e dissetante a questa birra. Ciliegina sulla torta i suoi alc. 4,5% vol.
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